Era ormai un po’ che in cooperativa ragionavamo sui numeri.
Il bilancio sociale, dopo una lunga e non sempre lineare genesi, iniziava a prendere forma.
Però via via che si dipanavano le nebbie la struttura che si stava delineando ci appariva fredda, senza l’anima. Forse perché quei numeri, quei dati tanto agognati, i necessari mattoni di un bilancio non erano sufficienti a raccontare le mille sfumature del lavoro che viene fatto ogni giorno in cooperativa.
Servivano i volti di chi in cooperativa ci lavora tutti i giorni.
La soluzione è stata naturale (efficace nella sua banalità): ci servono delle fotografie!
E nella ricerca di chi quelle fotografie le avrebbe fatte è stato altrettanto logico pensare a Enrico Colussi.
Enrico lavora come fotografo freelance per un importante quotidiano locale. In diverse occasioni (eventi, conferenze stampa) ha immortalato le nostre iniziative.
Inoltre, da anni, nel suo percorso artistico ha ritratto i trevigiani dando una faccia ai cittadini della marca trevigiana.
Così dopo un rapido scambio di messaggi telefonici fissiamo un appuntamento in sede di Sol.Co.
Mercoledì tarda mattinata. Pochi minuti per scambiarci le reciproche aspettative.
Poi un giro in produzione per conoscere meglio i protagonisti. Decidiamo che “niente studio” per questo servizio fotografico, ma puntiamo a un contesto che possa essere il più possibile rassicurante e “sicuro“ per le persone.
Enrico osserva le persone, “le respira”. Poi la luce, quale può essere il contesto più adatto.
Finalmente si individua il “giusto posto”. Lì in mezzo alla produzione, nello spazio più improbabile per una location fotografica, ma perfetto per chi in quelle fotografie deve starci: un luogo familiare, ideale se vuoi sentirti sicuro e tranquillo.
Fissiamo l’appunto per il mercoledì successivo e lo condividiamo con le altre persone che lavorano con noi.
Il giorno degli scatti Enrico ha una semplice ma utile intuizione. Le persone poseranno appoggiandosi a un piano di lavoro, in modo da costituire una sorta di “protezione” tra loro e chi scatta le foto con in sottofondo il consueto rumore delle macchine della produzione.
Il risultato sono quelle splendide immagini, dove non appaiono distinzioni i ruoli, bensì esce soltanto l’essere umano, senza maschere.
I dati hanno finalmente dei volti.